I forni sono quattro, il soffitto è molto basso da soffocarci, la cenere è mossa come in un giardino zen. Le foglie fuori le vedo dalla finestra della caserma, si alzano in sincronia con le note di Ludovico. E' un pò troppo dolce ma anche fiume, il teatro ha ragione a usarlo per raccontare l'acqua. Le luci formano dei cerchi caldi, la temperatura cambia quando entro negli insiemi che formano per terra, attraverso lenta e sola il corridoio tra gli scaffali colmi di tanti uomini, ci sono anche le date vicine alla mia, sicuramente ci sei anche tu tra quei fogli anche se hai evitato di fare leva. Pare di camminare attraverso un'installazione di Boltanski, con le orecchie che seguono la sorgente della musica. Morita pesta sui tasti, rimbomba nella stanza, io lo guardo con le orecchie da lontano appoggiata alla finestra. Nel panificio ha suonato "ei bi si di i ef gi..." come un'alta opera contemporanea. Vedo le ombre delle braccia che si muovono poco sui tasti. Le braccia ad angolo tra il muro e il soffitto. Ci sono stanze chiuse col vetro alle porte, vedo che c'è la luce dentro ma non si può entrare. Il fumo dal fumaiolo si piega a 90°. Dove c'è musica posso andare anche da sola.
Grazie Milano che voglio.
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